Sentirsi un genere fluido rappresenta una condizione non più rara: quali emozioni attiva, come la si affronta?
La prima emozione è un senso di spaesamento, di confusione, unita a una forte preoccupazione per questa condizione. Quanto durerà? Resterà stabile, oppure cambierà? Chi mi sento? Chi diventerò?
Il dolore più forte è provocato dal non riconoscimento: non mi sento nei miei panni, non li ritrovo, mi percepisco incolore, informe, non ho uno spazio e neppure un tempo, posso stare in questa condizione in un tempo indefinito, perdo il senso del passato, del presente e del futuro.
A questo dolore si può reagire in vari modi, ne evidenzio alcuni.
Un senso continuo di ansia mi opprime: non mi concentro sul quotidiano. quale quotidiano per chi non ha né un posto né un tempo? Piano piano scivolo nell’invisibilità: non voglio essere visto così come sono, mi autoescludo.
Trovo nella mia condizione un rifugio: posso anche sentirla una zona di confort. La mia fluidità mi fa trasformare, diventare “altro da me”, reinventarmi. Posso trasformare il mio presente a mio piacimento, rimettere a posto i pezzi mancanti, togliermi dolori, preoccupazioni, paure.
Esco dalla realtà per costruirne una in cui possa riconoscermi.
Dentro a questa cornice così variegata e cangiante, il quadro non può che essere trasformabile, mutevole, inafferrabile, sempre da ridipingere ….
Sento la mia fluidità: il desiderio del maschile è giocato anche al femminile, per tenere assieme i due generi, senza escluderne uno a vantaggio dell’altro ...come se mi misurassi, cercassi conferme, facessi prove e riprove, volessi ridefinirmi. quindi più maschio che femmina ma anche maschio dentro alla femmina.
STRIDONO quel senso di coerenza interna e di continuità di sé stessi che prima esistevano.
In Antonia la paura del giudizio è tanta e la porta a pensare di rinunciare al suo orientamento fluido e di definirsi comunque, qui e ora, per riappropriarsi di uno spazio e di un tempo: un maschio?
Ma nel momento in cui mi definisco, mi disoriento: posso tenere maschio e femmina assieme oppure devo scegliere?
La scelta la confonde e le fa provare disagio, tristezza, spaesamento.
Dentro a una condizione in cui gli opposti convivono, ci sono momenti in cui i due generi sembrano annullarsi a vicenda. Entrambi perdono spessore e voce.
“Al mattino mi sento maschio, poi niente. al risveglio, mi sento niente … non trovo le parole per dire come mi sento… questo sentirmi niente mi fa sentire molta tristezza”, mi dice.
Questa condizione, vissuta come preoccupante e spaesante è poco descrivibile con le parole: se ne esce? Può essere attraversata? Se sì, come?
Dentro a un corpo che cambia il bisogno di appartenenza e di identità gridano forte.
In Antonia si fa strada un conflitto tra spinte opposte, un senso di malinconia per ciò che forse sta perdendo, tanta paura per il nuovo che si profila e al tempo stesso voglia di sfidarlo.
I due poli possono intrecciarsi o devono confliggere?
Il tema di fondo che solleva Antonia, molto più grande dei suoi 14 anni, è il seguente: vado verso una costruzione creativa di una identità piena di speranze e di curiosità oppure sprofondo in una sospensione di una continuità dell’io abitata da dubbio e tormento su chi si è, chi si è stati, chi si diventerà?
Tante domande che si avviluppano l’una all’altra: restiamo su esse, continuiamo a scavare.
Dottoressa Pierangela Bonardi
Psicologa Psicoterapeuta - Parma - Reggio Emilia
Dottoressa Pierangela Bonardi Parma - Reggio Emilia
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Dott.ssa Dott.ssa Pierangela Bonardi
Iscritta all'Ordine degli Psicologi della Regione Emilia Romagna 0907 dal 08/06/1993
Iscritta all'Albo Psicoterapeuti Emilia Romagna (03/03/1995)
Laureata in Pedagogia e Psicologia, Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulente del Tribunale di Reggio Emilia
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