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Ciò che mi salva mi condanna: uso e abuso di sostanze

Ciò che mi salva mi condanna: uso e abuso di sostanze

 “Il piacere è lo scoglio sul quale gli esseri umani amano correre a naufragare“ (Chesterton)

Suddividiamo le sostanze, grossolanamente, in due grandi gruppi:

  • sedanti (sedativi, ipnotici, ansiolitici, alcol)
  • stimolanti (amfetamine e cocaina)

Perché l’uso si trasforma assai rapidamente in abuso?

Perché è difficile arrivare a “sentire” che quello che hai scelto non è la tua salvezza, ma la tua condanna?

Come un incontro occasionale diventa una soluzione disfunzionale?

Dal momento in cui mi avvicino alla sostanza, niente sarà più come prima: si crea un fossato tra come ero prima e come diventerò, tra il mio passato e il mio futuro.

Le sostanze agiscono sui circuiti cerebrali e vanno ad attivare il principio di piacere o di ricompensa.  Attivano i percorsi di ricompensa in modo diretto e non tramite i comportamenti adattivi, creando un desiderio sempre più forte di provare sensazioni di piacere riferibili come “sballo”, senso di onnipotenza, stordimento emotivo.

Una volta provate tali sensazioni, ci si sente sollevati dall’ansia e dall’angoscia che prima ci attanagliava … come se si guardasse il mondo dall’alto e niente potesse più ferirci e farci male …

Una salvezza, un sollievo immediato che percepisco come libertà… e che invece diventa prigione con catene che stringono sempre più.

Con il passare del tempo, i circuiti cerebrali si modificano, livelli elevati di sostanza entrano nel sangue e io ho bisogno di quantità sempre maggiori di sostanza per avere quell’effetto anestetico che mi ripara dalle ferite e dal dolore e mi dà un senso illusorio di potenza e libertà.

Una condanna vera e propria, quindi, una tentata soluzione che non solo non risolve il problema ma lo fa mantenere e peggiorare. Questa tentata soluzione si mantiene nel tempo nonostante comporti conseguenze negative. Il   comportamento di “craving” ogni volta si fa sempre più intenso: io posso sopportare sacrifici sempre più pesanti pur di garantirmi la sostanza, che diventa necessaria al mio benessere. E la mia vita comincia a ruotare attorno alla sostanza.  

Questi i sintomi più significativi di una situazione di allarme.

Controllo compromesso: la uso in quantità maggiori di quanto pensassi, vorrei ridurla o regolarla, ma non ci riesco.
”Craving “ compulsivo :   provo un desiderio   intenso e irrefrenabile della sostanza.
Compromissione sociale: continuo a usare la sostanza nonostante mi produca problemi interpersonali, difficoltà emotive a gestire i conflitti, difficoltà a concentrarmi, mi faccia ridurre i miei hobby, sacrificare il mio lavoro, trascurare le mie relazioni affettive.

Provo un forte senso di fallimento nel non riuscire ad astenermi dalla sostanza nonostante le difficoltà che causa… E assieme alla sensazione di fallimento   vivo queste condizioni:
tolleranza: ho bisogno di quantità sempre più alte della sostanza per provare le sensazioni che provavo durante i miei primi approcci;
astinenza: se nel sangue la sostanza si riduce sviluppo sintomi di astinenza perché la sostanza è parte di me e la mia vita si sta configurando e definendo in base ad essa.

Quando si fa strada la condanna?

La condanna ha queste facce.

INTOSSICAZIONE: può essere acuta oppure cronica.
La sostanza agisce sul sistema nervoso centrale con effetti che si sviluppano durante o subito dopo l’uso della sostanza.
I cambiamenti psicologici associati sono:

  • compromissione delle relazioni con me stesso, con gli altri e con il mondo: le mie sensazioni si alterano, il mio umore si fa labile, sopporto sempre meno le frustrazioni e i miei progetti di vita si fermano.

ASTINENZA: provo un disagio così forte da compromettere il mio lavoro, le mie relazioni sociali, le dimensioni più significative ella mia vita … Mi illudo che, riprendendo la sostanza, questo disagio scomparirà. Vivo in una prigione in cui la sostanza mi provoca disturbi che possono essere alleviati solo ricorrendo ad essa: il mio carceriere deve stringere sempre di più le catene per procurarmi un effetto di sollievo immediato.

La porta dell’inferno che scambio per paradiso: l’uso della cannabis

La prima porta dell’inferno: chi la spalanca?

  • Un desiderio di provare tutte le sensazioni possibili
  • Un bisogno di sedare l’ansia di vita
  • Una necessità di anestetizzarmi dai sensi di fallimento che provo
  • Un senso di onnipotenza: non voglio limiti, non tollero frustrazioni e impedimenti ai miei desideri
  • Una voglia incontenibile di provare piacere, sempre più intenso e pervasivo

Succede, nella maggior parte dei casi, in adolescenza.

Succede che ci si entra piano piano, ma poi si sprofonda, come nelle sabbie mobili: ci si entra piano piano e poi si scende giù fino a tutta la testa e più ci si dibatte per uscire, più ci si cade dentro.

Quale è il primo effetto paradosso?

Un uso continuo della cannabis nonostante io sappia che essa non risolve, ma ingrandisce i problemi psicologici, sociali e interpersonali che sto vivendo.

E la vita diventa quell’inferno che io ho creduto fosse il paradiso in terra: la più severa compromissione è chiamata sindrome motivazionale: il rendimento scolastico o lavorativo scarseggia, dentro di me gli obiettivi e i progetti di vita si sono scoloriti, hanno perso significato, amabilità, desiderabilità.

E muoio dentro, piano piano, ogni giorno facendo delle mie rinunce e dei miei evitamenti un suicidio quotidiano.

Prime proposte terapeutiche

Analisi del funzionamento del problema: origine, decorso, conseguenze attuali sul rapporto con sé, gli altri, il mondo.

Capire quali sono i timori e le sensazioni sottostanti che la sostanza risolve, al punto tale da diventare un modo stabile di affrontare la vita e le difficoltà.

Far attraversare ed elaborare le sensazioni di angoscia e di ansia con strumenti differenti dalla sua abituale soluzione.
Far sentire amabili i suoi obiettivi di vita e al tempo stesso far provare una avversione alla sostanza: “non sei tu che controlli la sostanza, ma la sostanza controlla te”, “è illusorio pensare che smetti quando vuoi”.
Far sentire perseguibili i suoi obiettivi di vita e far sentire il disagio e la rabbia di quanto la sostanza li abbia impediti.

Ricostruirsi dalle macerie di sé stessi, riconquistando, a piccoli passi, autostima e autoefficacia.

Spunti bibliografici    

Rigliano. Piaceri drogati. Feltrinelli.
Skorjanec (a cura di). Come smettere di fumare. Ponte alle Grazie. American Psychiatric Association (a cura di) DSM-5. Cortina Editore

Dottoressa Pierangela Bonardi
Psicologa Psicoterapeuta - Parma - Reggio Emilia

Ambiti di intervento

  • Infanzia e adolescenza
  • Management nelle organizzazioni
  • Problemi di gestione delle emozioni
  • Le avversità della vita
  • Problemi di coppia
  • Attacchi di panico
  • Disturbo post-traumatico da stress
  • Ansia generalizzata
  • Fobie nelle varie forme
  • Disturbi sessuali
  • Disturbi ossessivo-compulsivi
  • Disturbi alimentari
  • Depressione nelle varie forme
  • Dipendenze

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Dott.ssa Dott.ssa Pierangela Bonardi
Iscritta all'Ordine degli Psicologi della Regione Emilia Romagna 0907 dal 08/06/1993
Iscritta all'Albo Psicoterapeuti Emilia Romagna (03/03/1995)
Laureata in Pedagogia e Psicologia, Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulente del Tribunale di Reggio Emilia

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